Liberaldemocrazia: diritti individuali e sovranità popolare/Nucara al congresso regionale lombardo

Difendere il Pri la sua storia e il suo onore

Domenica 18 marzo si sono conclusi i lavori del Congresso Regionale Repubblicano Lombardo. I lavori sono stati chiusi dal segretario nazionale Francesco Nucara. I Repubblicani erano a Milano a celebrare il loro congresso, gli "scissionisti" lombardi erano a Roma a "concentrarsi". Questo l’intervento del segretario Nucara.

Iniziamo riportando la definizione di liberaldemocrazia che dà l’Enciclopedia Treccani: "La liberaldemocrazia è un regime politico basato sulla combinazione del principio liberale dei diritti individuali con il principio democratico della sovranità popolare. Si intende così sottolineare che il riconoscimento della sovranità del popolo va di pari passo con la intangibilità di una serie di libertà (pensiero, religione, stampa, ripresa economica)".

La nascita della liberaldemocrazia viene così descritta da Massimo Teodori: "Dal partito d’Azione sono andati verso il PCI (Lussu), il socialismo autonomo (Lombardi), la liberaldemocrazia (Ugo La Malfa e poi Valiani)".

Ugo La Malfa aveva molte perplessità sull’ingresso del PRI nell’ELDR (l’Associazione Liberaldemocratica Europea), poiché considerava l’aggregazione politica europea simbolo di conservatorismo. Furono i liberali inglesi a insistere e a convincerlo: il PRI avrebbe dovuto rappresentare la "sinistra" di quel movimento, salvaguardando così pure la posizione dei liberali inglesi.

La cosa incompatibile consiste nel fatto che tutte e due le mozioni congressuali indicano il progetto liberaldemocratico come sbocco dell’attuale politica del PRI.

E’ evidente l’esistenza di un pregiudizio personale, non solo sul segretario ma anche o soprattutto sugli amici repubblicani, che con tanti sacrifici questo progetto hanno voluto e vogliono realizzare. E allora nasce una questione culturale prima ancora che politica. Può un laico avere pregiudizi? Se li ha vuol dire che laico non è, ama solo definirsi tale. Dunque se non è laico di repubblicano ha solo la tessera, non l’idea.

Se il pregiudizio fosse solo sulla persona del segretario, cosa possibile, e non sulla posizione politica del partito, il problema sarebbe risolto in men che non si dica. Chi ama il PRI non trova niente di strano e di offensivo a mettersi da parte. Chi non lo ama, anzi ama se stesso, intende perpetrare da quarant’anni una storia già finita e convoca a Roma gli Stati Generali, non sappiamo di che cosa, per trovare un predellino da cui spiccare il volo.

Trattasi delle persone che hanno sempre ragione, che sanno anticipare i tempi procedendo a zig-zag nella politica italiana. Ce n’era un altro che aveva sempre ragione e che non accettava critiche. Era nato in Romagna, da dove provengono anche i sostenitori di un progetto mai nato.

A proposito di posizioni critiche contro le segreterie nazionali, Randolfo Pacciardi sosteneva che chi criticava il segretario del PRI era un traditore, per Ugo La Malfa era un cretino e per Oronzo Reale un rompiballe. Qualcuno è riuscito nel miracolo di "ereditare" le tre definizioni. Noi invece sosteniamo che la critica aiuta, se non altro, a riflettere sui problemi che si pongono.

E sorvoliamo su difese fuori luogo e sulla democrazia interna al PRI. Basterebbe ricordare, e lo si è ricordato appena finiti i lavori congressuali, che Guglielmo Castagnetti venne "cacciato" dal PRI con una lettera di Tiziano Federighi. Altro che deliberati dei probiviri e ricorsi e giudizi di secondo grado.

Dal ‘91 in poi i repubblicani sono stati portatori di irrequietezza politica: nell’aprile 1991 "mai più con la DC", nel ‘92 appare sulla scena Alleanza Democratica, poi l’accordo col PDS fallito per una mancata candidatura, a seguire l’accordo con Segni e Martinazzoli, e poi l’Ulivo, indi Forza Italia. E poi già nel 2006 avremmo dovuto, dopo essere stati eletti in quelle liste, abbandonare quella coalizione per andare con Prodi; nel febbraio 2008 dobbiamo andare con il PDL perché garantisce la presenza del PRI nel Parlamento; dobbiamo però scioglierci, appena eletti, nel PDL e intanto ci si iscrive ai gruppi parlamentari del PDL. Da far girare la testa, e non solo quella. In questa legislatura: andiamo con il PDL, usciamo dal PDL, andiamo con Rutelli, andiamo con l’UDC, no, anzi, con il Terzo Polo.

La fortuna dei repubblicani è stata quella di aver resistito a tutte queste bizze e persino a chi voleva un nome "prestigioso" sotto il simbolo del PRI. Per ultimo dunque il Terzo Polo, che già non esiste più! Non esiste perché Casini parla di altre aggregazioni; non esiste come forza politica perché agli incontri con il Presidente del Consiglio va Casini in nome e per conto dell’UDC; non esiste perché Rutelli, se non altro mediaticamente, si trova nei guai; non esiste perché il Presidente Fini oggi (domenica) a Marina di Pietrasanta (LU) ha recitato il De Profundis a questa aggregazione politica che tante speranze aveva suscitato.

E’ stato detto, e giustamente (Alberghina), che la politica italiana, ed anche il PRI, tendono ad emarginare le donne. E’ vero, anche se talvolta sono le donne ad emarginarsi da sole. La storia del PRI è diversa: basta leggere qualche pagina de i "Doveri dell’Uomo" per capire quanto rispetto è sempre esistito per le donne nel DNA dei repubblicani.

Terzo Polo e Liberaldemocrazia sono la stessa cosa (Aurelio Ciccocioppo). A noi pare esattamente il contrario: la liberaldemocrazia non ha ideologie; nel Terzo Polo ci sono, eccome, basterebbe pensare ai cattolici. Con questi ultimi si può collaborare ma non ci si può fondere. E’ sufficiente citare uno scritto di Carlo Cattaneo, "Le cose d’Italia nel ‘48", in cui, tra l’altro, si afferma: "E venne la santa alleanza tanto infiorata di lusinghe e di promesse; e in breve si riscossero i popoli sovra letto di spine. Uscirono, come stormo di gufi, a occupare i troni della penisola le incipriate prosapie che si erano nascoste …"

Aspettiamo con pazienza l’evolversi degli avvenimenti, seguendo da vicino i sommovimenti politici che, volenti o nolenti, arriveranno. Senza agitarsi troppo ma ragionando con la forza di chi ha messo da parte egoismi e protagonismi atti solo a difendere la propria persona. Il nostro unico interesse è difendere il PRI, la sua storia, la sua tradizione, il suo onore.

Quello che vorremmo fare anche nell’appoggio che diamo al governo Monti. Siamo stati precognitori a indicare Mario Monti come uno dei possibili uomini capaci di costruire per il Paese la strada del risanamento economico. E’ pur vero però che il Governo attuale di tecnico ha poco o nulla, perché molti ministri, viceministri e sottosegretari sono stati indicati dai partiti. Purtroppo non c’è stato spazio per chi nell’aula di Montecitorio si è proposto a titolo personale.

Luci e ombre quindi sulle attività di governo e sui singoli ministri. Se a qualche ministro questa politica "fa schifo", non ha altro da fare che dimettersi e, se a qualche viceministro non piacciono gli "sfigati", il presidente Monti potrebbe sottoporlo ad un colloquio nell’economia, materia, a quanto pare, ostica al viceministro Martone.

Come ha detto Franco De Angelis, non solo tasse ma crescita e sviluppo.

E infine un richiamo all’unità dei repubblicani citando una strofa de "Il canto degli italiani" di Goffredo Mameli: Noi siam da secoli/calpesti, derisi/perché non siam popolo,/perché siam divisi/raccolgaci un’unica/bandiera, una speme/di fonderci insieme/già l’ora suonò".

Francesco Nucara